Lunedì 13 Maggio, in collegamento online, il rettore dell’Università per Stranieri di Siena, Professor Tomaso Montanari, rivolgendosi alle studentesse e agli studenti liceali della Scuola Italiana di Atene, ha tenuto un’interessantissima e dotta lezione sul tema della CENTAUROMACHIA.
A seguito della presentazione della Dirigente scolastica Dottoressa Veronica T. R. Sole, l’illustre ospite ha svolto il suo intervento con una ricca ed approfonditissima analisi di un’opera del giovane Michelangelo la Battaglia dei centauri o Centauromachia, un bassorilievo marmoreo, databile al 1492 circa e conservato nella casa Buonarroti a Firenze. L’opera probabilmente commissionata da Lorenzo de’ Medici costituisce un’originale riproposizione di un tema caro alla classicità reinterpretato in modo assolutamente personale dal giovane artista, secondo lo spirito più autentico del Rinascimento italiano. L’opera che Michelangelo conservò per sè, probabilmente ricomprandola, possiede pienamente la cifra stilistica, riproposta in maturità, in tutta la sua pienezza, nella Cappella Sistina.
La rappresentazione viva e dinamica della battaglia, con un groviglio quasi indistinto di corpi nudi in lotta fra di loro sembra inoltre fornire una chiave di lettura dell’opera michelangiolesca nell’idea tipica del Rinascimento italiano secondo cui ogni uomo può elevarsi alla condizione più alta o degradare allo stadio bestiale. Il Centauro è in questo senso un simbolo amatissimo nel Rinascimento richiamando la duplicità della natura umana.
L’impossibilità di separare e distinguere le parti in lotta sembrerebbe inoltre alludere al fatto che ogni guerra, colta nella sua essenza più propria non possiede niente di epico o di eroico, ma costituisce piuttosto una generale degradazione. Con un’efficace espressione che Fritz Saxl, importante esponente dell’Istituto Aby Warburg di Londra, utilizza in un suo saggio del 1939 (anno cruciale per la storia europea) a proposito dei soggetti ritratti nei quadri del napoletano Aniello Falcone ogni battaglia è “battaglia senza eroi”. All’inizio della Seconda Guerra Mondiale gli eroi non erano certamente i capi della Germania nazista o dell’Italia fascista ma semmai gli anonimi soldati mandati a morire a milioni sulle spiagge e nelle città europee. In questo senso l’unica battaglia che meriterebbe di essere combattuta e a cui forse allude l’opera del giovane Michelangelo, è quella volta al proprio miglioramento, alla propria elevazione spirituale.